La bellezza è per entusiasmare al lavoro,
il lavoro è per risorgere
Cyprian Norwid, Promethidion: Bogumil vv. 185-186
Pisma wybrane, Warszawa 1968, vol. 2, p. 216
Ai
nostri maestri
Questa
recensione è un po’ particolare. E forse serve più a chi la scrive che non a
chi il libro l’ha scritto. Ma l’intento vero è che serva comunque a chi ancora
non l’ha letto (e che ci auguriamo continui nella lettura, o la intraprenda sul
serio, anche dopo queste righe).
Pippo
Corigliano è un amico e in genere degli amici amo parlare poco, e meno
scriverne per un pubblico ampio, perché l’amicizia se la cominci a “svelare”
poi non riesci a trattenerla più. E allora ti rimane sempre un po’ la paura di
condividere troppo qualcosa che in fondo è un po’ solo per te. E se decidi di
farlo, è perché c’è qualcosa di più nell’amico che senti di dover condividere.
E
allora non dirò di Pippo e di questa sua ultima “fatica”, ma parlerò di maestri e di relazione, che, a mio avviso, sono i due cardini attorno ai
quali ruotano queste sue pagine (Siamo in missione per conto di Dio. La
santificazione del lavoro, pp.
140, Mondadori 2015).
La
santificazione del lavoro, nel lavoro e degli altri con il lavoro – che Pippo
Corigliano ha imparato da san Josemaría e nella vocazione all’Opus Dei – è la
convinzione che non è difficile trasformare il lavoro in un dialogo di
preghiera (cfr. Amici di Dio,
Lavoro di Dio, pt. 67). E che nella barca di ciascuno di noi con naturalezza
entra… il Maestro (cfr. Amici di Dio, Grandezza della vita quotidiana, pt. 21). Sì, proprio il Maestro, e
i maestri…
Un
adagio talmudico recita che «Il mondo sta in piedi solo per il respiro degli
studenti» (Resh Laqish in nome di Yehudah Hanassi, bShabbat 119b). Ieri nella presentazione del libro di
Pippo, ho capito che tale respiro è alimentato da passione, meraviglia e
sorriso. E poi da legame, conoscenza e disposizione.
Pippo
ha presentato (sì, proprio lui, e già questo la dice lunga sull’autore di
queste pagine) con queste caratteristiche i suoi maestri. Quelli che riconosci
e scegli come tali. Quelli che ti insegnano cose che non stanno sui libri.
Quelli che ti trasmettono l’essere del maestro. Quelli che ti ricordano sempre
la tua missione più grande: forse quella che non conosci ancora e che magari
neanche loro conoscono, ma che di certo ti aiutano a scoprire.
I
maestri di cui parla Pippo in questo libro sono tanti. Io oggi volevo ricordare
quelli che a noi Pippo ha presentato ieri. E lasciare ai lettori la scoperta di
tutti gli altri. Perché è inutile dire che è proprio bello avere tanti maestri
così!
Alla
sua destra Ettore Bernabei: la personificazione della passione. Chissà cosa ha significato per i suoi figli, per
i suoi nipoti, per i suoi amici un uomo così? Bernabei “apre” il libro di Pippo
e sembra in qualche modo accompagnarlo fino alla fine, con una narrazione che è
frutto di un impegno di vita in cui il lavoro è la passione dominante, quella
del perseverare con lo slancio del lavoro incominciato con passione umana e
soprannaturale (cfr. Amici di Dio,
Lavoro di Dio, pt. 63). Ora capisco perché Bernabei è stato un maestro per
Pippo nella santificazione del lavoro: nella sua incessante missione di
comunicarne la passione! Una passione che lega e che crea legami.
Accanto
a Bernabei, l’unica donna della serata, e chiedere che fosse un’artista è stato
veramente chiedere il massimo. Di Paola Grossi Gondi mi resta nel cuore la meraviglia. E se meravigliarsi fosse preghiera? Un inno a
Dio per quello che dà all’uomo cui non si può rispondere con altro se non con
la propria meraviglia? L’artista, ormai conosciuta soprattutto per una delle
sue ultime opere Il filo rosso
della Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma, ci racconta con semplicità i
suoi occhi meravigliati sul mondo e sulle cose, che poi si traducono in gesti
d’amore nei confronti di chi il Maestro per eccellenza decide di mettere sul
nostro cammino. Come Bernabei è maestro di passione, Paola è maestra di
meraviglia: di un lavoro ben fatto in cui si scopre che la santificazione nasce
dalle piccole cose, tratti infiniti di un disegno in cui l’Artista guida la
nostra mano e viene a cercarci proprio là, nell’esercizio della nostra professione
(cfr. Cammino, pt. 799).
Laddove la meraviglia e la ricerca della bellezza si fanno conoscenza.
E
alla sinistra di Pippo c’è Pierluigi Bartolomei, testimonianza chiara e
semplice di ciò che rende santo il lavoro di ogni giorno: il sorriso. Il sorriso di chi riesce a mantenerlo nonostante
ciò che vede. Di chi continua a sorridere se anche nel percorso la tristezza
rischia a volte di prendere il sopravvento. Di un padre e di un marito che
prima di mettersi a lavorare ogni giorno, si ricorda della propria mission nel mondo: l’allegria di chi si sente figlio di
Dio. E di chi lavora con le mani, di chi pianta alberi, di chi mette le ultime
pietre (cfr. Cammino, pt. 42).
Bartolomei è il volto della santità che sorride nonostante le difficoltà, in
una professione che spesso forgia il cuore squarciato di fronte agli occhi che
guardano la realtà difficile di tutti i giorni. Del cuore che si fa disposizione.
Tre
testimonianze – di passione, di meraviglia e di sorriso – che raccontano chi
sono i veri maestri di Pippo. Sono uomini e donne di relazione – di legame, conoscenza, disposizione – che
spesso non vivono sotto i riflettori, che vanno piano mentre il mondo va
veloce, che rimangono poveri perché hanno capito di aver bisogno di Dio. Che
riconoscono come nulla accada a caso e che ogni persona che ci passa accanto è
un miracolo da scoprire, con quello che abbiamo, che siamo e che desideriamo.
I
santi sono un po’ dei supereroi? La missione di cui parla Pippo è impossibile
oggi per tutti gli uomini? Forse un po’, e forse ci piace pensare che se
proviamo ad essere santi sapendo che è difficile magari un po’ lo stiamo
diventando già. Perché a volte non serve la santità che cambia il mondo, ma
solo quella che si riconosce come dono. Un dono che prima di ricevere si è
chiesto. Un dono che ancor prima di chiedere si è riconosciuto negli occhi del
proprio maestro.
Pippo
si è preso un bell’impegno con questo libro. Ha quasi “canonizzato” in terra
dei personaggi ancora viventi. O questo almeno è quello che tanti potrebbero
obiettare di fronte ad un titolo cosi. In realtà se è vero che i santi, come
dice papa Francesco, sono uomini e donne che «hanno la gioia nel cuore e la
trasmettono agli altri», è anche vero che «essere santi non è un privilegio di
pochi, come se qualcuno avesse avuto una grossa eredità. […] È una vocazione
per tutti. Tutti perciò siamo chiamati a camminare sulla via della santità, e
questa via ha un nome […], ha un volto: il volto di Gesù». Il volto del
maestro. Ecco perché questo libro, lungi dall’essere una “canonizzazione
anticipata”, è “solo” un inno ai maestri di ogni generazione, che non sono tali
perché sono più anziani di noi, e che non sono tali perché qualcuno ce li ha
presentati così. Ma solo perché di fronte ad essi non si può non ringraziare.
Questo
libro mi ha insegnato una volta di più la fortuna di poter dire “grazie”,
sempre e comunque. Perché nella mia giornata quotidiana, nel mio lavoro di ogni
giorno, nel mio sforzo continuo di scoprire i miei doni e di provare a farne
briciole di santità, posso dire anche io di avere avuto dei maestri. E forse sit
mihi terra levis.
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