La lettera apostolica di Papa Francesco su San Giuseppe offre tanti spunti di riflessione. Uno è quasi divertente. Il Papa sostiene che, quando si ha fiducia nella Provvidenza come San Giuseppe, si diventa creativi e ricorda gli amici di un paralitico che, come raccontano i vangeli, hanno l’iniziativa di issare il paralitico sul tetto di una casa, sfondare il tetto (che presumibilmente era almeno in parte di paglia) e calarlo giù davanti a Gesù. Immagino la scena. La folla che si stringe attorno a Gesù a un certo punto comincia a guardar su, anche perché qualcosa dal soffitto sarà pure caduta e appare una barella traballante col poveraccio sopra (spero che lo avessero legato) che viene calato lentamente ai piedi di Gesù. Roba da fiato sospeso. La scena non finisce con un miracolo e basta. Prima Gesù dice al paralitico che gli sono perdonati i peccati, suscitando lo sdegno di alcuni dei presenti, al che Gesù afferma: “ Che cosa è più facile: dire «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Àlzati, prendi la tua barella e cammina»? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va' a casa tua». Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò”. Il Papa menziona l’episodio per sottolineare la fiducia nella Provvidenza degli amici del paralitico: la stessa fiducia che consente a Giuseppe di seguire le indicazioni dell’angelo e il proprio buon senso. Il cristiano che ha fede vive di fiducia in Dio.
Un altro spunto confortante è che il comportamento di Giuseppe non si basa su una spiegazione ma su un’accoglienza. Giuseppe non chiede quale sia la logica delle richieste del Signore: le accetta e basta. Ci insegna così a “fare spazio anche a quella parte contradditoria, inaspettata, deludente dell’esistenza” perché Dio può far germogliare fiori anche dalle rocce. Come l’angelo dice a Giuseppe di non temere così noi possiamo raddrizzare la nostra vita anche se il nostro cuore ci rimprovera, perché, come scrive San Giovanni, Dio è più grande del nostro cuore. Quest’idea è confortante. Può capitare che mi formi una cattiva opinione di me stesso attribuendo a Dio la stessa mia rigidezza e pusillanimità, invece Dio mi accetta così come sono, con le mie debolezze. L’importante è che il cuore si apra all’aiuto di Dio. E’ uno scherzo demoniaco farmi credere che Dio non possa accettarmi così come sono, mentre Dio ha cuore di padre e di madre. Non è poco rispettoso pensare col detto napoletano che “ogni scarrafone è bello a’ mamma soia”. Il piccolo scarafaggio è bello per la sua mamma e così posso essere accetto a Dio. Come Dante fa dire a Manfredi nel canto terzo del Purgatorio: “la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei”.
Ci sono altri spunti nella lettera del Papa. Non resta che meditarla.
Nessun commento:
Posta un commento