Quest’anno la Quaresima capita in un periodo in cui, su invito di Papa Francesco, meditiamo sulla figura di San Giuseppe.
La quaresima ricorda i 40 giorni nel deserto di Gesù in cui si prepara alla vita pubblica, con la preghiera e le ferme risposte alle tentazioni di Satana.
La figura di Giuseppe è ben illustrata dal Santo Padre. Vediamo Giuseppe che vien fuori dal cliché di colui che ha subìto tante contrarietà, anche se compensate da altrettante gioie: il poveretto sposa una donna meravigliosa e scopre che è votata allo Spirito Santo, vorrebbe proteggere il bambino e gli capita una stalla come nursery, vorrebbe avere un po’ di pace e deve scappare in Egitto e rifarsi una vita, per poi andare a Nazaret, cittadina conosciuta perché da lì non può venire nulla di buono. Deve assistere alla profezia di Simeone che preannuncia a Maria un cuore trafitto da una spada di sette tagli e si angoscia nella ricerca di Gesù che sta fra i dottori. Maria stessa dice “Tuo padre e io ti cercavamo…” E’ Lei a citare Giuseppe che in tutto il Vangelo non dice una parola: riceve ed esegue indicazioni avute in sogno…
Sembra che una figura così susciti più compassione che ammirazione e invece non è così. Io sono figlio di un’epoca in cui è considerato fortunato chi realizza i propri sogni: i sogni che fa lui, non i sogni in cui gli angeli danno indicazioni. Nella mia mentalità c’è una radicale resistenza all’idea che il mio cibo è fare la volontà del Padre (Giovanni 4) come dice Gesù. Sono stato allevato con la mentalità di chi, ogni tanto, rivolge un grazioso pensiero a Dio e poi, per il resto, si aspetta che Dio lo aiuti a realizzare la propria volontà.
Giuseppe sta a significare il contrario: che l’uomo felice (felice!) è quello che vive secondo la volontà di Dio e sa che ha ricevuto da Dio una missione da compiere e che riuscirà a compierla solo col Suo aiuto. Un uomo così è in continua sintonia con Dio e la sua preghiera è pregnante e interessante.
Non faccio un favore a Dio quando vado a Messa anche in un giorno feriale o recito il Rosario. E’ Dio che lo fa a me perché mi ha chiamato con la vocazione cristiana. Tutti gli attimi della mia vita acquistano sapore e interesse quando sono proteso a realizzare ciò che Dio vuole, nello scenario della famiglia, del lavoro e della vita quotidiana. Se penso ai “fatti miei” la vita è angosciata, se il mio cibo è fare la volontà di Dio la vita è saporita.
Giuseppe non è un poveretto che ha dovuto sopportare tante contrarietà: Giuseppe è l’uomo forte e felice che realizza la volontà di Dio e muore sereno con Gesù e con Maria.
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