Caro
Professore, quando mia moglie, meravigliosa, mi convinse a farmi visitare al
suo Campus Bio-Medico, lei , visitandomi accuratamente, constatò quanto fossi
scettico e affermò: “senta, io la voglio curare, se lei non vuole” –
stringendomi la mano, quasi abbracciandomi – “faccia come crede, ma io la
voglio curare”…”sono rimasto stupito, in particolare, dalla cordialità,
l’educazione, l’affabilità e l’affetto con cui sono stato accolto”… La lettera continua con questo tono e conclude: “mi
hanno trattato come se fossi un loro parente”.
La testimonianza di questo paziente è una fra le tante
che arrivano al Policlinico del Campus Bio-Medico e corrisponde allo spirito
delle indicazioni che il successore di San Josemaría Escrivá, monsignor Alvaro
del Portillo, dette nel 1988 al professor Paolo Arullani in vista della nuova
iniziativa di tipo medico in fase di progetto. Su quello storico appunto,
scritto velocemente e che Arullani conserva, si legge: “Clinica con
caratteristiche universitarie a Roma. Malati trattati come persone”. E poi: “Innanzitutto le infermiere, perché sono
loro che seguono gli ammalati e dànno il tono”.
Paolo Arullani, attualmente presidente
dell’Università, cominciò a darsi da fare, assieme a tante persone che sono le
“fondamenta” viventi del Campus. Tante ore di lavoro sacrificato e silenzioso
hanno contribuito a creare una struttura che si presenta bene, in modo direi
gioioso, e che si avvia a celebrare i vent’anni di attività nel 2013. Vent’anni
per un’istituzione sono pochi ma già sono pieni di storie. Una di queste
riguarda Alberto Sordi che, dissolvendo il mito di tirchieria che lo
circondava, donò 8 ettari di terreno per costruire il Centro Anziani adiacente
al Campus. (Vedi foto: Alberto Sordi mentre pone la prima pietra
del Centro Anziani nel 1998).
Ma cominciamo dai risultati. Dal ’93 ad oggi si sono
laureati in corso il 90% degli studenti (una percentuale da record): laureati,
occorre precisare, che hanno trovato immediatamente occupazione. Il rapporto
studenti-docenti è di 12/1 e in più va aggiunto un servizio di tutorato per
ogni studente. Per quanto riguarda l’assistenza medica l’indice di
soddisfazione dei pazienti curati al policlinico è altissimo e, per effetto del
passaparola, a Roma sono in tanti che vogliono essere curati al Campus che
offre un servizio convenzionato. La ricerca scientifica spazia in diversi campi
e un particolare vantaggio è dato dalla stretta vicinanza della facoltà di
medicina con quella d’ingegneria biomedica, presente nel Campus. A questo proposito,
si è appena concluso un convegno internazionale organizzato dall’Università
Campus Bio-Medico sulla biorobotica. I maggiori
esperti di questa materia di tutto il mondo si sono incontrati a Roma dal 25 al
27 giugno, per discutere i più recenti risultati e i programmi di ricerca che
coinvolgono università e industria nei settori applicati della robotica in
medicina e biologia. E’ il più importante appuntamento mondiale del settore,
organizzato ogni due anni dalla maggiore associazione professionale per
l’avanzamento in tecnologia. Sono intervenuti oltre 500 partecipanti,
provenienti da 49 Paesi. Nell'ambito
della Conferenza si è tenuto anche il Simposio Internazionale di Chirurgia
Robotica che è una specialità
d’eccellenza del Campus Bio-Medico.
La chirurgia robotica non deve far
pensare ad un robot che opera, il che sarebbe preoccupante. Si tratta di un
complesso macchinario grazie al quale il chirurgo opera, attraverso uno schermo
ingranditore, con tre braccia che consentono interventi di precisione
mininvasivi. Ad esempio, operazioni che prima richiedevano il cuore aperto
adesso si effettuano con un’invasività minima. Con lo stesso metodo
s’interviene sia sulla prostata che in ginecologia e in altri settori. (vedi
foto: Una visione d’insieme del robot chirurgico “Da Vinci”)
Fra le meraviglie robotiche presentate
al convegno ci sono le capsule, dotate di
sensori e telecamera, che sono guidate da campi magnetici all’interno
dell’organismo umano, sostituendo così le fastidiose tecniche di endoscopia: è
un esempio di “soft robotica” sviluppata nei laboratori dell'MIT di Boston. Il
Campus ha presentato il proprio modello di “esoscheletro”: un macchinario
ultraleggero che consente la deambulazione a soggetti anziani con impedimenti o
addirittura paraplegici. L’idea dell’esoscheletro nasce per applicazioni
militari negli anni ‘60 per sostenere i soldati impegnati in lunghe marce e
portatori di materiali pesanti. Ben presto si è passati all’uso per la
medicina. Il modello studiato al Campus si chiama Evryon: un
progetto da quattro milioni di euro e tre anni di lavoro, che ha portato gli
ingegneri del Campus, in collaborazione con altri sei atenei europei,
distribuiti in Italia, Olanda, Svizzera, Ungheria e Slovenia, alla
realizzazione di un nuovo prototipo. (vedi foto: I
ricercatori del Campus Bio-Medico hanno puntato a rendere efficace, sicura e il
più naturale possibile lʼinterazione della macchina con lʼuomo).
Spiega Dino Accoto,
Manager del progetto presso il Laboratorio di Robotica coordinato dal Prof.
Eugenio Guglielmelli :
“Un esoscheletro per persone con difficoltà di deambulazione, ma pur sempre
in grado di muoversi deve assecondare il passo, anziché imporlo. Per usare una
metafora, volevamo un sistema che imitasse un papà che spinge il figlio
sullʼaltalena: non corre avanti e indietro aggrappato al seggiolino, ma si
limita a dare piccole spinte, perfettamente coordinate con lʼoscillazione del
bambino”. Tra i dettagli
nascosti nella tecnologia, si distinguono speciali elementi elastici, collegati
ai motori elettrici che muovono lʼesoscheletro. Queste “molle” apparentemente
insignificanti sono indispensabili al robot per assecondare il movimento della
persona in modo intelligente. “Gli anziani – spiega Accoto – compiono di solito
passi corti e con frequenza maggiore del normale. È per questo che si stancano.
Lʼesoscheletro li aiuta a compiere passi più lunghi e meno frequenti, riducendo
così lʼaffaticamento dei muscoli”. Modelli di altri esoscheletri sono stati presentati da altri
centri italiani come il Niguarda
di Milano e gli ospedali di Budrio e di Lecco.
Un altro progetto suggestivo che è in corso al Campus è la messa a
punto di una mano robotica da impiantare in soggetti che hanno perso un
braccio. Il progetto è ricco di spunti tecnici e scientifici inediti ed è
approdato nel 2009 ad un traguardo significativo: il paziente, che si è
prestato all’esperimento dell’innesto di speciali elettrodi ai nervi del
braccio, è riuscito a muovere la mano bionica mediante impulsi dettati dal
cervello. Nel congresso appena concluso sono stati presentati dei nuovi
elettrodi capaci di trasmettere impulsi più complessi che saranno utilizzati a
breve per un nuovo impianto di mano robotica che riceverà comandi dal cervello
e trasmetterà sensazioni al cervello stesso. E’ una nuova tappa di un cammino
di cui già si vede il felice esito finale. (vedi foto: Dopo
un primo periodo di addestramento, il paziente è riuscito a controllare, con
impulsi del cervello, fino a tre differenti tipi di prese da parte della mano
robotica).
Queste le notizie più recenti del Campus che possono confortare
chi nutre poca fiducia che in Italia, e in particolare al Centro-Sud, si
possano realizzare iniziative efficienti. Ma non si tratta solo di efficienza.
Il Campus, che non è un’iniziativa ufficialmente cattolica, ha nelle sue radici
lo spirito cristiano di servizio. Il suo cosiddetto pay-off è “La Scienza per
l’uomo”. Man mano che i cristiani riprenderanno coscienza della grandezza della
propria vocazione – e Tempi dimostra che siamo su questa strada - si moltiplicheranno gli
esempi come questo che rendono una società più umana, più giusta e più efficace.
Pippo Corigliano
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