Non c’è alcun dubbio. Il Te Deum è per ringraziare di
aver avuto Papa Francesco; e non penso di essere il solo. Il ringraziamento si
estende anche al gran regalo di Dio che è Benedetto XVI, il Papa teologo e
umile che ha indetto l’anno della fede, degno coronamento della sua attività di
teologo tutta orientata a far comprendere all’uomo contemporaneo la verità
dell’Amore di Dio. Grazie anche per la sua sapienza e umiltà nel farsi da parte
quando è stato il momento.
I mesi di Papa Francesco sono stati un susseguirsi di
sorprese che sarebbe lungo elencare. Per me che mi occupo di comunicazione
posso sottolineare (e ringraziare per questo) lo spostamento dell’asse della
comunicazione della Santa Sede. Siamo passati dall’assedio mediatico dei media
di tutto il mondo sui temi della pedofilia, Ior e Vatileaks, al superamento
delle questioni sull’aborto, matrimonio, educazione cattolica, eutanasia,
matrimoni omosessuali, e così via, per dare la priorità al messaggio evangelico
allo stato puro. Il Papa ha ripreso alla lettera lo stile di Gesù. Parlando il
linguaggio comune e prendendo spunto dalla circostanze ordinarie della vita
quotidiana (il pranzo, la vecchietta, la pecora, Mammona, il lavoro) il Papa ci
ha restituito la limpidezza e la concretezza del Vangelo. Ci ha fatto rivedere
Dio sotto forma di Gesù incarnato nella nostra realtà di vita di ogni giorno,
tanto soprannaturale quanto naturale. E’ una strategia che nasce dalla sua
preghiera che lo rende capace di interessarsi alla sorte di ognuno e di tutti.
Diceva Frossard che Dio sa contare fino a uno e il Papa fa così. E’ capace di
telefonare personalmente a chi ha subìto un torto e interessarsi delle grandi tragedie
mondiali: dalla sorte dei migranti disperati, fino all’egoismo dei pochi ricchi
che affamano il pianeta. Non è un condottiero di masse, è un padre di persone.
Rivoluzionario e tenero a un tempo.
Francesco invita a riscoprire Dio e il rapporto vivo
con lui. Le grandi questioni morali della nostra civiltà non vengono
trascurate: si sa bene come la pensa, ma lui sa che la buona condotta è
conseguenza dell’amore. Occorre risvegliare nelle coscienze l’amore a Gesù che
ci ha amati per primo. Occorre conoscerlo per amarlo, occorre pregare per avere
confidenza con lui. Il resto viene dopo. I primi cristiani non erano apostolici
perché avevano ascoltato discorsi sulla decenza o sui valori, erano vibranti
perché credevano in Gesù risorto.
Come già accadde con Giovanni Paolo II, c’è stata una
corsa per considerarlo progressista in certi momenti o conservatore in certi
altri, senza ricordare che gli uomini di Dio sono sempre ad un tempo
rivoluzionari e tradizionalisti. Tutta la nostra civiltà è come un mosaico in cui
ogni tessera è un contributo lasciato da un santo, o reso possibile da un
santo. Francesco sta mutando le categorie su cui il mondo si regge: contro
l’aggressività militare propone una veglia mondiale di preghiera, contro
l’egoismo della speculazione finanziaria fa aprire gli occhi su chi ha fame ed
è senza lavoro denunciando l’idolatria di Mammona. Non dispone di divisioni
militari né di strumenti economici ma agisce sui cuori, come San Paolo che
nella lettera a Filemone spiega che non si può considerare schiavo un fratello
in Cristo. San Paolo non è Spartaco che organizza il sollevamento armato ma
mette il seme di quella cultura che abolirà la schiavitù. Così Francesco mette
le basi di una nuova civiltà in cui la persona è al primo posto e il lavoro, la
famiglia, la casa, la solidarietà e la libertà sono punti imprescindibili.
Francesco parla al mondo intero perché rende vivo il
Vangelo in modo che lo capisca anche il pescatore delle Filippine e il minatore
africano. Per comprenderlo non occorre aver studiato al liceo.
Provvidenzialmente Joseph Ratzinger aveva prima parlato agli intellettuali
europei demolendo gli ostacoli che la cultura europea aveva costruito per
separarci da Dio. Una continuità ammirevole fra i due Papi, perché l’Europa ha
diffuso il Vangelo nel mondo, ora lo sta rinnegando e ha urgente bisogno di
rievangelizzazione. Malgrado tutto, il mondo intero guarda alla cultura
occidentale e rimane sbigottito quando vede che la stiamo buttando dalla
finestra, come mi ha detto un amico cinese. Ecco che il tandem fra i due Papi
davvero illumina il mondo con il “lumen fidei”. Grazie Signore, il Te Deum
è per averci dato due guide così.
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