Sul
Foglio del 6 marzo Costanza Miriano scrive un articolo sul tema della famiglia,
oggetto del prossimo sinodo dei vescovi. Riporto alcuni passi: “Il paradosso
dell'amore è che due infiniti bisogni di essere amati si incontrano con due
limitate capacità di amare. Sono domande che solo a partire dal '900 sono
diventate di massa in Occidente, dove si è affermata la visione romantica
dell'amore, quell'amore ideale ed emotivo che non resiste all'impatto con il
reale, e che vive solo…nell'attesa mai compiuta del congiungimento (che è
esattamente il motivo per cui i film finiscono al bacio finale, tendina, the
end, disperazione della spettatrice che non sa mai come vivranno insieme lui e
lei, se saranno felici, quanti figli avranno, mai, in nessuno dei film caposaldo
dell'educazione sentimentale delle fanciulle: Cenerentola, Harry ti presento
Sally, Cime tempestose, Pretty Woman e via baciando)”. “A me interessa che la
Chiesa m’insegni che il cuore va educato, e che mi ricordi che l'uomo da solo
non è buono, non è capace di amare, che solo Dio con la sua tenerezza infinita
per l'uomo può dire per sempre, che ci si sposa in tre, io, lui e Dio, e che la
fedeltà è una lotta, è non smettere di lavorare sul matrimonio, è ricondurre
ogni sera lo sguardo, a volte è anche come mordere un sasso…”. E conclude:
“l’amore è molto più a forma di croce che non di cuore. Di questo annuncio il
mondo ha un bisogno disperato”. In sintesi: soltanto se si è di Cristo si
capisce il matrimonio cristiano.
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