Credo che sia ormai
ufficiale: non sarò mai una vaticanista. Ci sono realtà con cui uno deve fare i
conti. Eppure era il mio sogno. D’altra parte anche atletica leggera l’ ho
cominciata perché ero innamorata di Sara Simeoni, ma poi ho scoperto che l’asticella
mi metteva l’ansia e mi tuffavo sul tappetone passandoci sotto. In compenso ero
bravissima nel riscaldamento (ho ripiegato sul mezzofondo).
Volevo fare la vaticanista,
ma sono troppo figlia della Chiesa per essere in grado di leggerne in filigrana
movimenti interni, fila politiche, correnti. Aspetto con abbandono filiale le
sue decisioni, e mi godo enormemente il privilegio di avere una madre tanto
esperta, intelligente, prudente. Credo che la Chiesa raccolga le migliori
intelligenze del nostro tempo, credo che credere affini il logos e scolpisca
come con uno scalpello l’intelligenza dell’uomo.
Non ho paura del sinodo, so
che è un cammino. So che ha sempre avuto questo metodo di lavoro – partire
dalle istanze del reale per rispondere. So che i questionari si sono sempre
fatti, i lineamenta sono le domande preliminari, non le risposte. Quello che è
cambiato in questo caso è semmai la pubblicità e la risonanza, di cui forse non
è sempre consapevole, paradossalmente, il Papa comunicatore, quello della copertina
di Time.
La Chiesa non cambierà
assolutamente la dottrina sulla indissolubilità del matrimonio, questo nessuno
lo mette seriamente in dubbio e questa è senz'altro la cosa più importante. Che
poi si affronti il problema di chi ha sbagliato non mi disturba, se rimane
chiaro il fatto che ha sbagliato, perché non si affievolisca la lotta di chi
sta combattendo, a volte anche a costo di enormi fatiche.
Il reale interpella la
Chiesa. C'è stato un tempo in cui un forte esoscheletro conteneva i cuori e le
passioni delle persone, che si mantenevano fedeli al loro posto in famiglia non
per chissà quale trasporto e adesione, ma perché la pressione sociale non
lasciava molta scelta, e anche perché non ci si aspettava che il matrimonio
colmasse tutti i desideri infiniti del cuore umano. Perché il paradosso
dell'amore, come dice Rilke, è che due infiniti bisogni di essere amati si
incontrano con due limitate capacità di amare. Sono domande che solo a partire
dal '900 sono diventate di massa in Occidente, dove si è affermata la visione
romantica dell'amore, quell'amore ideale ed emotivo che non resiste all'impatto
con il reale, e che vive solo nell'impedimento, nell'ostacolo, nell'attesa mai
compiuta del congiungimento (che è esattamente il motivo per cui i film finiscono
al bacio finale, tendina, the end, disperazione della spettatrice che non sa
mai come vivranno insieme lui e lei, se saranno felici, quanti figli avranno,
mai, in nessuno dei film caposaldo dell'educazione sentimentale delle
fanciulle: Cenerentola, Harry ti presento Sally, Cime tempestose, Pretty Woman
e via baciando).
A me interessa che la Chiesa
mi dica qualcosa sull'amore, mi aiuti a decifrare il cuore, questa cosa
misteriosa e imprevedibile da cui esce, come dice il Vangelo, ciò che contamina
l'uomo, le cattive intenzioni che portano al male, e che non è quella cosa
rossa e luccicante da marketing. A me interessa che la Chiesa mi insegni che il
cuore va educato, e che mi ricordi che l'uomo da solo non è buono, non è capace
di amare, che solo Dio con la sua tenerezza infinita per l'uomo può dire per
sempre, che ci si sposa in tre, io, lui e Dio, e che la fedeltà è una lotta, è
non smettere di lavorare sul matrimonio, è ricondurre ogni sera lo sguardo, a
volte è anche come mordere un sasso, o come dice la mia amica Paola, come
pestare un Lego a piedi nudi. È un giudizio, alla fine, l'amore è un giudizio e
non solo un sentimento, e, definitivamente, un comandamento.
Queste cose a me le hanno
dette solo uomini e donne di Chiesa, vivi o morti, cioè vivissimi: è nel
depositum fidei che ho cercato la verità su me stessa, ed ho trovato qualcosa
che ne avesse il profumo. Di questo davvero l'uomo contemporaneo ha un bisogno
disperato: qualcuno che gli dica chi è, e cioè una creatura, maschio o femmina,
feconda nella differenza, ferita dal peccato originale, e quindi con un bug nel
suo software, un difetto di funzionamento all'origine. Questa è la missione
della Chiesa, che davvero, davvero è madre, ed è rimasta l’unica, in questo
mondo liquido, coriandolare, nebulizzato, a svelare all'uomo il suo vero volto,
a educarlo, a dirgli “tu non sei capace da solo di amare, tutto il bene viene
da Dio, chiedilo a lui, e non fidarti solo di te stesso, perché il primo
comandamento è esattamente l'opposto, Shemà, Israel”.
Se in un mondo che dice
esattamente il contrario – tutta la produzione pseudoculturale del secolo del
benessere non è che un invito a “seguire il tuo cuore” (la mia nonna non si
chiedeva come realizzarsi ma come sopravvivere, nel senso proprio della sussistenza),
un'esaltazione dell'emozione à la carte, una perlustrazione delle altre vite
possibili, un chiedersi cosa succederebbe uscendo alla prossima apertura delle
sliding doors – se in un mondo che ha anche, dal '900, abolito il principio di
autorità e dato cittadinanza all'inconscio, che Freud ha prima scoperto e poi
sdoganato, se in un mondo così, dove tanta gente, la stragrande maggioranza, si
è persa, e ha storie d'amore sballate, la Chiesa si chiede come riacchiapparla,
bene, questo non mi scandalizza. Anzi, mi richiama alla necessità della mia
conversione, perché non dimentichi la sollecitudine per nessuno.
Non mi disturba che la Chiesa
cerchi di capire come farsi vicina a chi si è perso. Credo fermamente che lo
Spirito Santo non abbia smesso di agire nella storia, e credo che farà nuove
tutte le cose, perché lo Spirito non ha forma, si adatta e rinnova dal
profondo. Credo che Cristo sia sposato indissolubilmente con la sua sposa, la
Chiesa, e non le sarà infedele, perciò non permetterà che si perda.
Sono certa che i nostri
padri, i vescovi, sapranno trovare una via per esprimere vicinanza ai
divorziati risposati, una via senza scorciatoie clericali, una via fatta di
accoglienza e di accompagnamento personale, una fatica e una strada fatta
impolverando le scarpe: il nostro padre Maurizio Botta alla Chiesa Nuova chiama
tutti per nome, alla messa della domenica, tutti si sentono suoi, e di coppie
divorziate, conviventi, di ogni tipo, coppie che fanno solo la comunione
spirituale lui ne accoglie tantissime, senza sconti sulla verità, ma con le
braccia e il cuore spalancato e una talare morbida su cui appoggiarsi. Questo è
dare accoglienza senza scandalizzare i piccoli, le famiglie che si sforzano di
essere fedeli alla loro chiamata, non tanto per difendere il privilegio del
fratello maggiore che si crede giusto, quanto per continuare ad annunciare la
verità sull'amore, un amore che è molto più a forma di croce che non di cuore.
Di questo annuncio il mondo ha un bisogno disperato.
Dal Foglio del 6 marzo 2014
Piacevole. Mi sembra una buona promessa! Complimenti
RispondiElimina