"Siamo chiamati a diventare gli strumenti di Dio Padre
perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo" dice
Papa Francesco nella Laudato sì (n.53).
Essere strumenti di Dio Padre è meraviglioso. Quando sento la frase: “Dobbiamo
recuperare il senso del peccato” mi rattristo, non perché non sia d’accordo, ma
perché soltanto quando c’è un reale rapporto con Dio allora nasce il dispiacere
di non essere in sintonia con Lui. Occorre parlare di Dio. Anni fa si diceva:
“Dio è morto”, ora non si dice più perché si dà per scontato che non esista, e
poi ci chiediamo come mai abbiamo la sensazione di scivolare in un inferno. Io
devo preporre a tutto il rapporto con Dio e allora scoprirò che il Paradiso
comincia ora. Saper voler bene, sentirsi figli piccoli di Dio: è l’inizio di un
sentiero che porta alla felicità propria e altrui. Liberiamoci dell’arte che
non cerca la bellezza. Io cerco la bellezza, quella vera, perché mi parla di
Dio. Devo contribuire ad una nuova cultura dove la bellezza e l’amore abbiano
cittadinanza. Mi sento desolato quando sento parlare di bambini privati di una
mamma o dell’utero in affitto: la bruttezza esala da queste parole, ma è un
richiamo ad essere “strumento di Dio”, a propagare amore, bellezza e conoscenza
del vero. Abbiamo l’opportunità di ripartire da zero, dal deserto, per
costruire consapevolmente una nuova civiltà. E’ un compito che spetta in
particolare a noi italiani. Non a caso i due ultimi Papi hanno scelto il nome
di santi italiani.
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