L’incontro fra Papa Francesco e il patriarca Kirill fa
sperare non solo nella saldatura di una frattura storica tra oriente ed
occidente ma anche nella creazione di un nuovo scenario storico, culturale e
religioso. Una cristianità unita da Lisbona a Vladivostock è una prospettiva
che apre alla speranza di una nuova entità che si sottragga all’egemonia del
capitalismo cupo di marca calvinista che affonda le sue radici nell’empirismo
inglese di Hobbes, quello dell’homo homini lupus: una concezione della persona e dei rapporti umani lontana da quella
solidaristica cristiana che proprio in questi anni sta mostrando il suo volto
più feroce, triste ed avido. La linea politica di Putin incoraggia questa
speranza. Il leader russo, molto amato in patria, non condivide
l’individualismo disgregatore di marca angloamericana, non permette che i
bambini orfani russi siano adottati dalle coppie omosessuali occidentali e ha
addirittura regalato a Papa Francesco un’icona della Madonna, baciandola lui
per primo. Un gesto che appare epocale a chi ricorda la profezia di Fatima e la
paura di chi paventava i cosacchi russi che avrebbero abbeverato i loro cavalli
nelle fontane di San Pietro, inviati da “Baffone”, il terribile Stalin. Ora la
minaccia viene da un Occidente che dal ‘68 in poi diffonde la droga, il libero
amore, la mortificazione del matrimonio, la permissività dell’aborto, gli
esperimenti sugli embrioni umani, l’eutanasia e compagnia cantando. La
Provvidenza provvede: preghiamo e speriamo.
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