La mattina di Natale, mentre sbrigavo faccende che non richiedevano concentrazione mentale, ho scelto su You Tube “Canzoni antiche napoletane cantate nel mondo”. Mi ha sorpreso “Funiculì funicolà” cantata in Corea con partecipazione di un pubblico numeroso. Poi in Polonia “O surdato innamurato” e in Olanda “Tu vuò fa l’americano” e così via cantando. Mi sono commosso pensando al rilievo che la cultura napoletana ha nel mondo e mi sono chiesto da dove viene questo talento di simpatia e fantasia che produce tante eccellenze napoletane.
Napoli città sovrappopolata, con problemi sociali, ha anche una fama sinistra che sta cedendo il passo a una stima generale crescente. Che c’è di speciale a Napoli? Perché simpatia e allegria ti contagiano appena metti piede in città?
Una delle tante risposte possibili è secondo me l’eredità dell’operato di Sant’Alfonso dei Liguori, detto il più napoletano dei santi e il più santo dei napoletani, nato nel 1696 e morto nel 1787. Quando decise di farsi sacerdote dopo aver esercitato l’avvocatura per 7 anni suo padre, terribile comandante di navi da guerra, gli fece un’opposizione tale che non poté lasciare la città una volta ordinato sacerdote. La sua vocazione era di evangelizzare i più poveri del Regno di Napoli perciò all’inizio si rivolse ai popolani della città.
Nell’estate del 1728 saponari, muratori, barbieri, falegnami, scaricatori di porto e disoccupati confluiscono la sera nella chiesa di Santa Teresa degli Scalzi, vicina a casa sua. Alfonso li confessa, li istruisce e li manda a formare i loro compagni.
Pietro Barbarese, capo scugnizzo del Mercato, si mette a catechizzare e a preparare ai sacramenti i monelli dei bassifondi come nessun altro saprebbe fare. Luca Nardone, soldato dissoluto espulso dall’esercito, si converte e diventa animatore di un altro gruppo. Il venditore di uova Antonio Pennino acquista fama di santità e gli si attribuiscono miracoli.
Questi laici formati da Alfonso diventano, ognuno nel proprio quartiere, organizzatori di gruppi di meditazione, di preghiera, di formazione. Questi circoli prendono il nome di “cappelle serotine”. Alfonso fa il giro di queste assemblee, stimolando i primi convertiti e guadagnando altri all’amore di Cristo. Assieme ai suoi amici sacerdoti il sabato sera riesce a mala pena a far fronte a tante confessioni. Il cardinal Pignatelli è sbalordito: “Dei laici che fanno tanto bene!”.
A più di un secolo dalla morte di Alfonso, nel 1894 le cappelle serotine saranno 300 nella sola Napoli e conteranno trentamila frequentatori. E’ una mia opinione personale che l’animo gentile dei napoletani sia stato influenzato da questo stare insieme con Gesù.
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