martedì 27 agosto 2013
Un preghiera a Maria Regina
Il 22 agosto una persona mi ha chiesto una preghiera speciale. Era la festa di Maria Regina e ho composto questa:
Maria, madre e regina mia,
dammi la felicità di saper amare. Soprattutto quelli che sono vicino a me, malgrado i loro difetti e grazie ai loro difetti. Perché questa è la vera felicità: saper voler bene. Questa è la mia vocazione, a cui mi chiami col tuo esempio.
dammi la forza di essere buono. Le cattiverie mie e altrui sono conseguenza della debolezza. Con la tua forza saprò essere buono, sereno e comprensivo.
dammi la serenità di vedere in ogni avvenimento, anche doloroso, la mano della Provvidenza e la forza redentrice della sofferenza. Ricordami che ogni dolore ha un valore fecondo quando è unito alle sofferenze di tuo Figlio.
difendimi dalla tristezza, che è l'alleata del nemico, e aiutami a essere fonte di gioia e ottimismo per quelli che mi stanno attorno.
Ti bacio caramente come tuo figlio piccolo, stammi vicino. Ogni mia preghiera e azione cominci con te e finisca con te.
lunedì 12 agosto 2013
La mia guida è Maria
Da
un po’ di tempo torno a pensare che la mia vita, come la vita di ognuno, è
stata un susseguirsi di doni. Il primo dono è l’essere nato, poi l’affetto dei
genitori e la loro cura, durata anni, per la crescita e l’educazione. Poi penso
al dono della capacità di amare, il dono della bellezza attorno a me che
richiama la bellezza dentro di me: l’aria, il mare, tutta la natura e così via.
Le cose più belle della vita sono un dono, gratuite. Il dono per eccellenza è
Gesù, che mi apre la strada, entra dentro di me, mi dà un modo bello e giusto
di vivere e dà un senso alla stanchezza e alle sofferenze. Il dono più dolce è
quello di Maria. Da Maria mi sento capito e accolto. Mi sento in confidenza.
Mia madre non era oppressiva ed era in confidenza con me: io capivo lei e lei
capiva me; c’era un’unità che non aveva bisogno di parole. Ora mia madre mi
segue dal Paradiso ma non mi sento orfano. Sento che Maria è ancora più mia
madre. Non mi giudica, ha una pazienza infinita. Genera in me Gesù anche se
sono piccolo. Sono un suo figlio unico. Questa è una caratteristica divina: per
Dio siamo tutti figli unici. E anche in po’ viziati, come il figliol prodigo.
Maria è sempre pronta, ottimista, sempre contenta di essere interpellata. E’
assunta in cielo per me, per noi: mi segue col cuore umano, come umano è il
cuore di Gesù. Sento che mi ha evitato occasioni e ostacoli che potevano
perdermi. Con lei l’impegno duro diventa facile e umano. Diceva San Josemaría:
a Gesù si va, e si torna, per Maria.
giovedì 8 agosto 2013
I diktat della cultura dominante e la vera soluzione
Una foto scattata in Francia durante la manifestazione per la famiglia
Le
dittature non hanno il senso del ridicolo. Mussolini affermò che, se in Italia
ci fosse stato un calo delle nascite come in Francia, avrebbe preso delle
“decisioni immediate, draconiane”. Non si riesce a immaginare quali decisioni
poteva prendere. Hitler, che sosteneva la superiorità della razza ariana –
pelle bianca, capelli biondi – dovette assistere al trionfo del nero Jesse
Owens, vincitore di 4 medaglie d’oro alle Olimpiadi del ‘36. Il muro di
Berlino, innalzato dai comunisti, è crollato nel tripudio generale. Oggi è la
volta di nostri parlamentari che definiscono “urgente” la legge contro
l’omofobia. Come se non bastassero le leggi vigenti a protezione della persona
e soprattutto come se non ci fossero questioni davvero urgenti: la ripresa che
non arriva, la disoccupazione giovanile, la disperazione dei licenziati, la
burocrazia soffocante, un fisco aggressivo e inconcludente, e non mancano le
file di poveri attorno ai cassonetti per cercare il cibo invenduto dai
ristoranti. In pieno agosto soffocante i rappresentanti del popolo devono
legiferare sull’omofobia. Il diktat della lobby internazionale dominante ci
costringe a quest’assurdità. E’ giusto e doveroso protestare pubblicamente ma,
come ha detto il Papa nell’Angelus dopo la GMG, il futuro sta nella
santificazione della vita quotidiana. Gesù ha detto che i suoi discepoli sono
il sale della terra. A me tocca essere sale utilizzando il clima disteso
dell’estate per pregare, dedicarmi agli altri, approfondire il Vangelo.
sabato 3 agosto 2013
Papa Francesco leader mondiale
La GMG di Rio ci ha lasciato il ricordo di una manifestazione allestita con una magnifica coreografia addolcita dal senso musicale dei brasiliani e dall’uso sapiente della musica: basta ricordare l’adagio di Albinoni durante l’ultima stazione della Via Crucis cantato da un coro coinvolgente. Non solo un bel ricordo, ma una nostalgia – saudade – di quella gente e di quei luoghi. Nello stesso tempo, anche se i giornali faticano a riconoscerlo, Papa Francesco si è imposto come leader mondiale. Un capo di una rivoluzione pacifica ma potente. Francesco ha la capacità di unire i toni di una fede intimamente vissuta, che conosce l’unione personale col Dio Padre, ai toni del condottiero che spinge alla battaglia: basta con i giovani che non conoscono la dignità del lavoro, basta con i vecchi emarginati dal vivere civile, condotti ad un’eutanasia morale. Invece in piedi! A combattere! Il discorso agli argentini ha lasciato col fiato sospeso. Il primo equipaggiamento per la battaglia – ha ricordato il Papa – sta nella risposta di Madre Teresa. Alla domanda su come costruire una civiltà più giusta e su cosa doveva cambiare nella Chiesa, rispose: “tu ed io”. Il Papa scherzando dice che l’umiltà è l’astuzia di Dio. In realtà vuol dirci che è l’intelligenza di Dio. L’umiltà è la verità che consente di appoggiarsi alla forza della fede per restaurare, come San Francesco, la Chiesa e la società intera. Grazie o mio Dio per questo Papa e aiutami a rispondere con fede e coraggio personale ai suoi inviti.
giovedì 25 luglio 2013
Il Papa forma un popolo
Il
settimanale americano Time ha dedicato
a Papa Francesco la copertina. The people’s Pope – si legge - il Papa della gente. Le giornate della
gioventù confermano. Questo Papa è un leader, come Gesù. Parla al cuore di
ognuno: parla di Dio e gli insegna ad essere misericordioso. Il Papa forma un
popolo che sa amare. Contemporaneamente, la crisi scoppiata nel 2008, dovuta
all’avidità di guadagno ad ogni costo, sta svelando il volto più amaro,
depredando i paesi con maggior debito pubblico. I ricchi, grazie alla
deregulation di marca Reagan e Thatcher, diventano sempre più ricchi e i poveri
sempre più poveri. La solidarietà sociale cede il posto alla legge della
jungla. In tutto il mondo la classe media sta sparendo, lasciando i ricchi al
vertice e i poveri in basso. Accade anche nei paesi di nuova prosperità come
Cina, Russia, e nel Brasile dove il Papa si trova in questi giorni. La Giornata
Mondiale della Gioventù assume quest’anno una connotazione da enciclica
sociale. Il Papa, oltre alla visita alla Madonna Aparecida, ha fatto aggiungere
la visita alle favelas e gli incontri con i carcerati. I giovani vengono
spronati ad una fede operativa, com’è sempre la vera fede. E’ come se la
Provvidenza ci facesse capire qual è lo stile di Mammona e quello di Dio, e le
conseguenze che ne derivano. Ci manda un uomo provvidenziale capace di far
scaturire dal cuore degli uomini le energie necessarie per salvare l’umanità
dall’abbrutimento. Capisco che devo pregare sempre più per il Papa.
venerdì 19 luglio 2013
Una chiacchierata con Pippo a Sottovoce (sera del 18 luglio, prima mattina del 19)

giovedì 18 luglio 2013
Il Papa parla del vangelo. Le questioni legislative riguardano i cristiani.
Luigi
Accattoli ha fatto notare sul Corriere della sera che Papa Francesco evita di
parlare delle questioni legislative cosiddette “irrinunciabili”: la
legislazione sul matrimonio, aborto, scuola non statale, eutanasia e così via.
Il Papa parla e agisce con radicalità evangelica: i suoi discorsi invitano alla
generosità senza ipocrisie e sono costellati di parabole come quelle che i
vangeli ci riportano secondo i discorsi di Gesù. Il suo comportamento è proprio
di colui che non ha dove posare il capo: come Gesù si ferma a confortare chi
soffre, anche se si tratta di samaritani cioè di persone che hanno un diverso
credo religioso, corre dagli ammalati e i prigionieri, scansa gli incontri
mondani. Mi sembra che l’intenzione del Papa sia quella di lasciare a me, che
sono un cittadino cristiano, il compito di adoperarmi perché la società sia
retta da leggi rispettose della dignità umana, mentre lui, il Papa, si è
assunto il compito di annunciare in modo trasparente e fedele il messaggio di
Gesù. E’ su quel messaggio che si è fondata la civiltà armonica e rispettosa
dell’uomo di cui ancora oggi, malgrado tutto, godiamo i benefici: è la civiltà
che conta gli anni dalla nascita di Cristo. Il Papa va all’essenziale, perciò
le sue parole e il suo comportamento sono così evocativi del fascino di Gesù.
Senza quel fascino non si costruisce niente. Se è vero che devo esigere una
legislazione giusta dallo stato, è vero anche che devo ringraziare il Papa per
la nuova primavera della Chiesa.
domenica 7 luglio 2013
La vittoria della fede
Sembra
una scena apocalittica. Da una parte gli organi di stampa internazionali si
accaniscono contro i presunti scandali della Chiesa Cattolica mentre dall’altra
emergono figure luminose come Papa Francesco e Benedetto, si prospetta la
prossima canonizzazione di Giovanni Paolo II e Papa Giovanni, e ci viene donata
un’enciclica che è una sintesi viva della nostra fede. E’ come se il demonio si
accanisse a gettare fango mentre emergono queste poderose figure ed eventi
carichi di luce. E’ come se la Provvidenza ci dicesse che i tempi duri stanno
finendo e che la fede in Dio e il buon senso sono sul punto di trionfare. Il
traguardo non è vicino ma è raggiungibile. A me spetta contemplare l’esempio e
ascoltare le parole di Papa Francesco. Devo rendermi conto che la mia amicizia
con Gesù deve rafforzarsi e diventare più operativa. Devo rompere gli schemi in
cui sto vivendo come Francesco sta rompendo quelli papali. La visita a
Lampedusa è un richiamo per me. Devo tagliare tutto ciò che è frivolo e
inutile. Devo andare al sodo e dedicarmi ai miei compiti senza troppe vacanze,
come fa il Papa. Lo ha detto chiaramente: occorre che i cristiani abbiano un
cuore di padre e di madre, se no non va. Lo Spirito Santo soffia in questa
direzione: restituire agli uomini il cuore, reso arido da un materialismo
eccessivo, assieme alla gioia e al sorriso di chi pensa agli altri e non a se
stesso, di chi trova la sua forza davanti al Tabernacolo, di chi lavora per
amore. Maria c’insegna la strada.
mercoledì 3 luglio 2013
Papa Francesco, i beni materiali e l'apostolato
Quando
ha fame Gesù non trasforma le pietre in pane, come il demonio suggerisce:
quando la carità lo esige moltiplica i pani due volte. Similmente papa
Francesco desidera che i beni della Santa Sede siano interamente utilizzati per
opere di carità. Coloro che criticano la Chiesa perché possiede ricchezze (sono
gli stessi che, senza scrupoli, fanno del denaro un fine con conseguenze
disastrose per l’umanità) in realtà aiutano il Papa nell’opera riformatrice
secondo lo spirito di Gesù. Questi farisei, sempre a caccia di scandali
ecclesiastici, alla fine collaborano senza volerlo ai piani di salvezza. Sempre
più appare come la Chiesa cattolica sia l’unico punto di riferimento morale
dell’umanità, l’unica capace di indicare la via d’uscita dalla crisi
spirituale, economica e politica che stiamo vivendo. E’ ora che l’apostolato
dei cristiani sia più sfacciato e, nello stesso tempo, radicato nella preghiera
e nella fede. Solo la fede salva. Il Papa dà l’esempio. Solo la fede dà la via,
la verità e anche la vita, il buon umore, il distacco dai beni materiali, la
disponibilità verso gli altri. Chi ha detto che i cristiani laici devono
limitarsi a non tradire la moglie? I primi cristiani hanno trasformato il loro
mondo con la fede e la preghiera, con la generosità sorridente, con il fascino
di un’umanità splendente dove l’amicizia era un riflesso della paternità di
Dio. E così devo vivere io. Attento agli altri, distaccato dagli interessi
personali per fare l’interesse di Gesù, che è l’amore.
sabato 29 giugno 2013
I cristiani devono fare e insegnare
Sabato 22 giugno Papa Francesco non ha partecipato al concerto dell’orchestra Rai nell’aula Nervi. La sedia allestita in posizione preminente è rimasta vuota. Cos’ha voluto dirci il Papa con quell’assenza imprevista che ha provocato qualche dispiacere? Gli analisti ricameranno sulla differenza dello stile del Papa e quello della Curia pontificia, ma la risposta va cercata nella semplicità. Papa Francesco sta dimostrando di avvertire l’urgenza, anzi l’emergenza, di un cambio di prospettiva. Basta con la tiepidezza. Occorrono scelte radicali. Da una parte la forza di dedicare tempo quotidiano alle porte d’ingresso della grazia di Dio: la comunione frequente, la lettura del Vangelo, la confessione, la preghiera silenziosa davanti al Tabernacolo. Dall’altra la necessità di uscire da noi stessi e andare nelle “periferie”, intendendo sia le periferie delle grandi città dove vivono gli emarginati sia le periferie di coloro che conducono un’esistenza lontana da Dio. Francesco sta dedicando energie infinite a questo compito. Predica più volte al giorno, nelle udienze si sottopone a fatiche massacranti per riuscire a salutare anche il pellegrino più “periferico”, ogni giorno incontra un’infinità di persone. Raccontano gli Atti degli Apostoli (1,1) che Gesù cominciò a “facere et docere” a fare e insegnare. Ecco la chiave per capire. Francesco non giudica sbagliata la partecipazione ad un concerto ma dimostra coi fatti che c’è urgenza di darsi agli altri. Dà l’esempio: non c’è tempo per altro.
lunedì 24 giugno 2013
L'Europa del futuro sarà cristiana
Un
cinese è venuto a studiare diritto romano in Italia perché, dice lui, non si
può fondare un diritto sulle massime di Confucio. E ha aggiunto: “Noi cinesi
ammiriamo la civiltà occidentale, ma veniamo qui e ci accorgiamo che la state
buttando dalla finestra”. Così sembra quando si legge che due medici belgi
hanno dichiarato che in pratica è già in atto l’eutanasia dei bambini affetti
da malattie gravi. Questo avviene nella capitale dell’unione europea. E’ giusto
desiderare l’unità di un’Europa che è stata, in passato, troppo divisa ma è
giusto porsi il problema di quale Europa vogliamo costruire. Papa Ratzinger con
gli intellettuali francesi nel 2008 al Collège des Bernardins iniziò con la
frase: “Vorrei parlarvi stasera … delle origini della cultura europea”. E’ un
discorso che tutti i liceali dovrebbero assimilare. Ratzinger ricordò,
riferendosi ai monaci benedettini, “che non era loro intenzione di creare una
cultura... La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era:
quaerere Deum, cercare Dio.”
Obiettivo elementare ma
fondamentale. Poiché cercavano Dio
è venuta fuori una cultura luminosa. E chi fonderà l’Europa del futuro? O
saranno i cristiani o verrà fuori il mostro che già s’intravede. Salveranno
l’Europa gli uomini che sanno amare, credere e sperare. Perciò è venuta l’ora
che i cristiani smettano di essere dei poveri cristi e comincino a riporre la
fiducia in Dio (da cui proviene la forza) e a svolgere un apostolato simile a
quello dei primi cristiani.
venerdì 14 giugno 2013
Italia, il miracolo ucciso dalle lobby. Dall'Avvenire dell'11 giugno.
«Non
ho inteso e non intendo fare lo storico». La premessa di Ettore
Bernabei è dettata da umiltà, ma anche da consapevolezza: «Non ne ho né
la preparazione scientifica né la mentalità filologica». Ma quando parli
con lui ti accorgi subito di avere davanti un fiume in piena. Un uomo
che nonostante gli anni, ottimamente portati, ha il vivo desiderio di
ricordare le ragioni dei fasti del boom economico e, di conseguenza, i
motivi per cui da quel momento in poi l’Italia ha inanellato una serie
di disavventure e vere e proprie sventure politiche, sociali ed
economiche. Argomentazione utilizzate ampiamente nel libro intervista
con Pippo Corigliano Italia del "miracolo" e del futuro. E qui
vale per intero la premessa: quello di Bernabei non è il racconto di uno
storico, ma è un racconto di vita che nasce dall’esperienza di
giornalista e manager di primissimo livello; che attinge, come lui
stesso tiene a sottolineare, alle frequentazioni e alle confidenze di
personaggi come Giovanni Battista Montini, Giovanni Benelli, Agostino
Casaroli, per cominciare con gli ecclesiastici; Giorgio La Pira, Alcide
De Gasperi, Amintore Fanfani, Aldo Moro, Palmiro Togliatti, Giorgio
Almirante, Bettino Craxi, Giovanni Malagodi, per concludere con i
politici. Ma soprattutto che è animato dal desiderio di «ricordare ai
cattolici di questo Paese come siano stati capaci di portarlo in pochi
anni al boom economico e al quarto posto fra le economie più
industrializzate, senza sposare le logiche economiche del liberismo, con
un sano connubio fra contributo pubblico e impegno privato».
Perché questa annotazione specifica sui cattolici?
«Perché i cattolici hanno dimenticato quello di cui sono stati capaci in quegli anni, proprio grazie all’applicazione in politica economica delle logiche sottese alla dottrina sociale della Chiesa. Perché i cattolici sono stati travolti da una certa propaganda "anticattolica" costruita a tavolino e hanno finito per crederci, smettendo di fare politica. Non si può più continuare a fare da supporto alla destra o alla sinistra. I cattolici devono tornare a fare politica in prima persona portando avanti i valori della fede».
Questo come si traduce in politica economica?
«Smettendo di far pagare ai poveri gli errori di strategia economica fatti dai ricchi, come sta avvenendo dall’inizio di questa crisi, frutto di un’ideologia economica che aveva già mostrato il suo fallimento nel ’29. È il momento che quei poveri possano tornare a essere meno poveri rapidamente, che si possa ricostituire la classe media che è stata la nostra forza. Bisogna cominciare a ridare un po’ di speranza alla gente, che non sa più dove battere la testa anche politicamente».
Nel libro lei sostiene che l’attuale prostrazione del Paese, anche dal punto di vista politico, è il frutto di una terza guerra mondiale.
«Una guerra condotta in guanti bianchi, dalla quale il sistema di economia sociale costruito sulla collaborazione fra pubblico e privato, ispirato dal pensiero cattolico, che ci ha dato benessere, ricchezza e libertà, è uscito sconfitto in seguito a una lunga serie di attacchi, condotti dall’ideologia liberista e dalla finanza di speculazione, che ha la sua forza e il motore reale nelle lobby economiche americane e inglesi e che ha avuto in Ronald Reagan e in Margaret Thatcher i suoi paladini. Una terza guerra mondiale che per noi è stata molto più rovinosa della seconda».
Quando è cominciata?
«Qui, senza partire dal principio, bisogna dire che quando De Gasperi aderì all’Alleanza Atlantica, specificò che l’Italia sarebbe stato un Paese fedele al blocco occidentale, ma declinò cortesemente l’invito ad aderire alle grandi organizzazioni lobbistiche angloamericane, convinto di poter attuare una politica di crescita economica e sociale alternativa. De Gasperi era un liberale nel senso tradizionale del termine: conservatore e credente. Dialogando con personaggi illuminati come Montini, comprese che gli ideali economico politici portati avanti dai giovani del gruppo di Camaldoli (i vari Fanfani, La Pira, Dossetti...), fondati in economia non su un mercato che si autoregola, ma sulle teorie di John Maynard Keynes, erano quelli giusti. Non fu semplice far accettare queste teorie nella Dc. La svolta venne dalla segreteria Fanfani fra il 1954 e il 1958, che pose le basi per il boom economico».
Quali erano queste basi?
«Le banche di Stato sostenevano le grandi aziende a partecipazione statale che dovevano fornire a basso costo l’energia, i servizi e gli strumenti necessari alle aziende private, consentendo loro di affrontare la concorrenza di Paesi che possiedono a basso costo quelle materie prime che noi non abbiamo. Questo fu il motore del miracolo economico. E abbiamo dimenticato che a ispirarlo fu un gruppo di economisti e politici cattolici. Tanto che furono proprio gli inglesi a parlare ironicamente di "miracolo" italiano, convinti come erano che i cattolici fossero costituzionalmente incapaci di dare solidità, benessere e libertà ai loro Paesi. Poi, col governo cosiddetto delle "convergenze parallele", diventammo la quarta potenza mondiale superando anche gli inglesi, perché lo stesso Togliatti aveva capito che bisognava utilizzare e appoggiare quel modello di sviluppo».
E la terza guerra mondiale quando è cominciata?
«Quando le potenti lobby economiche che fondano la loro ricchezza e il loro potere sul liberismo hanno compreso che il successo ottenuto dalla politica sociale intrapresa in Italia poteva mettere a rischio i loro interessi mondiali. Allora sono capitati una serie di eventi, dalla morte di Mattei al crollo dell’Olivetti. Allora la rivolta studentesca che in Europa è durata due anni da noi è durata 12 e si è trasformata in contestazione operaia, producendo, nei fatti, una riduzione della capacità produttive e culturali del Paese. Sono partite una serie di iniziative come le campagne sul divorzio e sull’aborto, promosse da lobby anticattoliche, per indebolire lo zoccolo duro del Paese. Poi i grandi attentati, la stagione del terrorismo, lo spostamento della centrale mondiale della droga in Sicilia, poi il giustizialismo per cancellare definitivamente la Dc e i suoi alleati. Le privatizzazioni sono state il definitivo colpo di grazia».
Viene in mente l’attuale caso dell’Ilva di Taranto.
«E dobbiamo pregare che queste ultime nefandezze non siano attuate e l’Ilva torni a essere un’azienda forte e non inquinante».
Tutto questo è accaduto in nome di una logica economica che ci ha condotto alla crisi attuale.
«Questa crisi si è mostrata fin dal principio più grave di quella del ’29, che era già stata una crisi del sistema e non, come si disse, una normale oscillazione ciclica. Nei fatti il liberismo in economia è un’ideologia che conduce ad abbandonare tutte le regole, anche quelle morali. Così i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma questo lo sapevano già a fine ’800 gli economisti più accorti».
Se le chiedessi una ricetta pratica, da dove comincerebbe?
«La grande idea di Fanfani a inizio degli anni ’60 fu quella di aumentare i salari, cioè il potere di acquisto dei prestatori d’opera. Quando arrivai in Rai nel 1961 i sindacati chiesero aumenti del 12%. L’Iri non voleva dare più del 6%. Andai da Fanfani che mi disse di offrire il 20. Così è cominciata la grande stagione della tv che seppe trainare culturalmente il Paese».
Perché questa annotazione specifica sui cattolici?
«Perché i cattolici hanno dimenticato quello di cui sono stati capaci in quegli anni, proprio grazie all’applicazione in politica economica delle logiche sottese alla dottrina sociale della Chiesa. Perché i cattolici sono stati travolti da una certa propaganda "anticattolica" costruita a tavolino e hanno finito per crederci, smettendo di fare politica. Non si può più continuare a fare da supporto alla destra o alla sinistra. I cattolici devono tornare a fare politica in prima persona portando avanti i valori della fede».
Questo come si traduce in politica economica?
«Smettendo di far pagare ai poveri gli errori di strategia economica fatti dai ricchi, come sta avvenendo dall’inizio di questa crisi, frutto di un’ideologia economica che aveva già mostrato il suo fallimento nel ’29. È il momento che quei poveri possano tornare a essere meno poveri rapidamente, che si possa ricostituire la classe media che è stata la nostra forza. Bisogna cominciare a ridare un po’ di speranza alla gente, che non sa più dove battere la testa anche politicamente».
Nel libro lei sostiene che l’attuale prostrazione del Paese, anche dal punto di vista politico, è il frutto di una terza guerra mondiale.
«Una guerra condotta in guanti bianchi, dalla quale il sistema di economia sociale costruito sulla collaborazione fra pubblico e privato, ispirato dal pensiero cattolico, che ci ha dato benessere, ricchezza e libertà, è uscito sconfitto in seguito a una lunga serie di attacchi, condotti dall’ideologia liberista e dalla finanza di speculazione, che ha la sua forza e il motore reale nelle lobby economiche americane e inglesi e che ha avuto in Ronald Reagan e in Margaret Thatcher i suoi paladini. Una terza guerra mondiale che per noi è stata molto più rovinosa della seconda».
Quando è cominciata?
«Qui, senza partire dal principio, bisogna dire che quando De Gasperi aderì all’Alleanza Atlantica, specificò che l’Italia sarebbe stato un Paese fedele al blocco occidentale, ma declinò cortesemente l’invito ad aderire alle grandi organizzazioni lobbistiche angloamericane, convinto di poter attuare una politica di crescita economica e sociale alternativa. De Gasperi era un liberale nel senso tradizionale del termine: conservatore e credente. Dialogando con personaggi illuminati come Montini, comprese che gli ideali economico politici portati avanti dai giovani del gruppo di Camaldoli (i vari Fanfani, La Pira, Dossetti...), fondati in economia non su un mercato che si autoregola, ma sulle teorie di John Maynard Keynes, erano quelli giusti. Non fu semplice far accettare queste teorie nella Dc. La svolta venne dalla segreteria Fanfani fra il 1954 e il 1958, che pose le basi per il boom economico».
Quali erano queste basi?
«Le banche di Stato sostenevano le grandi aziende a partecipazione statale che dovevano fornire a basso costo l’energia, i servizi e gli strumenti necessari alle aziende private, consentendo loro di affrontare la concorrenza di Paesi che possiedono a basso costo quelle materie prime che noi non abbiamo. Questo fu il motore del miracolo economico. E abbiamo dimenticato che a ispirarlo fu un gruppo di economisti e politici cattolici. Tanto che furono proprio gli inglesi a parlare ironicamente di "miracolo" italiano, convinti come erano che i cattolici fossero costituzionalmente incapaci di dare solidità, benessere e libertà ai loro Paesi. Poi, col governo cosiddetto delle "convergenze parallele", diventammo la quarta potenza mondiale superando anche gli inglesi, perché lo stesso Togliatti aveva capito che bisognava utilizzare e appoggiare quel modello di sviluppo».
E la terza guerra mondiale quando è cominciata?
«Quando le potenti lobby economiche che fondano la loro ricchezza e il loro potere sul liberismo hanno compreso che il successo ottenuto dalla politica sociale intrapresa in Italia poteva mettere a rischio i loro interessi mondiali. Allora sono capitati una serie di eventi, dalla morte di Mattei al crollo dell’Olivetti. Allora la rivolta studentesca che in Europa è durata due anni da noi è durata 12 e si è trasformata in contestazione operaia, producendo, nei fatti, una riduzione della capacità produttive e culturali del Paese. Sono partite una serie di iniziative come le campagne sul divorzio e sull’aborto, promosse da lobby anticattoliche, per indebolire lo zoccolo duro del Paese. Poi i grandi attentati, la stagione del terrorismo, lo spostamento della centrale mondiale della droga in Sicilia, poi il giustizialismo per cancellare definitivamente la Dc e i suoi alleati. Le privatizzazioni sono state il definitivo colpo di grazia».
Viene in mente l’attuale caso dell’Ilva di Taranto.
«E dobbiamo pregare che queste ultime nefandezze non siano attuate e l’Ilva torni a essere un’azienda forte e non inquinante».
Tutto questo è accaduto in nome di una logica economica che ci ha condotto alla crisi attuale.
«Questa crisi si è mostrata fin dal principio più grave di quella del ’29, che era già stata una crisi del sistema e non, come si disse, una normale oscillazione ciclica. Nei fatti il liberismo in economia è un’ideologia che conduce ad abbandonare tutte le regole, anche quelle morali. Così i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Ma questo lo sapevano già a fine ’800 gli economisti più accorti».
Se le chiedessi una ricetta pratica, da dove comincerebbe?
«La grande idea di Fanfani a inizio degli anni ’60 fu quella di aumentare i salari, cioè il potere di acquisto dei prestatori d’opera. Quando arrivai in Rai nel 1961 i sindacati chiesero aumenti del 12%. L’Iri non voleva dare più del 6%. Andai da Fanfani che mi disse di offrire il 20. Così è cominciata la grande stagione della tv che seppe trainare culturalmente il Paese».
Roberto I. Zanini
contro l'onda di morte l'amore dell'Amore
L’ondata
di opinione pubblica, provocata da lobby internazionali, che ha portato alla
legittimazione del divorzio, dell’aborto e, in prospettiva, dell’eutanasia e
del matrimonio gay, sembra inarrestabile anche se traspare sempre di più il
volto demoniaco sottostante a queste operazioni, assieme ad aspetti ridicoli.
In Francia l’immagine del neonato che dice “mia madre si chiama Roberto” è
eloquente. La pretesa di chiamare matrimonio l’unione civile fra persone dello stesso sesso porta
con sé la contraddizione della parola stessa, che contiene il concetto di
maternità. La lunga battaglia per rendere dissolubile il matrimonio adesso è
orientata a rendere indissolubile l’unione fra due gay. Ma c’è un risvolto
positivo: siamo indotti a riflettere sul senso ultimo della vita e delle cose.
La vita nostra è un dono, le cure dei genitori nell’allevarci è stato un dono,
l’innamoramento è un dono e così è l’amicizia sincera. Il volontariato è un
dono. La natura è un dono e così l’arte… Qui, invece, traspare il volto di Dio
e, in particolare, il volto di Gesù. Quando Papa Francesco invita i sacerdoti a
sostare a lungo davanti al tabernacolo, anche a costo di addormentarsi
talvolta, invita in realtà a farsi irradiare dalla luce dell’amore. Il
tabernacolo non è un piccolo mausoleo, è uno scrigno che contiene un dono
d’amore, l’autore dell’amore. Un suggerimento ai pastori per contrastare l’onda
di morte: chiedere a laici, religiosi e sacerdoti una lunga preghiera davanti
all’Ostia consacrata.
giovedì 6 giugno 2013
Fede e professionalità. Basta con gli adulti smarriti
La
pedagogia di Papa Francesco è chiara: da una parte induce ad uscire da se
stessi, ad andare incontro agli altri, a darsi da fare per il bene materiale e
spirituale delle persone. Dall’altra consiglia di coltivare un intenso rapporto
con Dio: confessarsi, pregare un tempo consistente davanti al tabernacolo,
recitare il rosario e così via. Il Papa elimina il dualismo tra vita attiva e
contemplativa, fonte di equivoci. Oggi il problema principale della Chiesa non
è il Vatileaks o lo Ior. E nemmeno la legislazione sulle nozze gay, l’aborto,
l’eutanasia (temi importanti ma non decisivi). Il problema sta nei cristiani
insipidi. Sant’Agostino diceva che se i cristiani fossero cristiani non ci
sarebbe nessun pagano. De Gasperi non voleva che la Democrazia Cristiana si
chiamasse così ma cedette per il pericolo comunista. Sappiamo che il nome cristiana è stato fonte di scandalo nel momento della decadenza
ma sappiamo anche che nel dopoguerra c’erano politici che univano una profonda
vita interiore, una fede vissuta, al desiderio di servire il Paese con grandi
capacità professionali. Grazie a quegli uomini, e al lavoro di tutti gli
Italiani, l’Italia ebbe uno sviluppo prodigioso. Oggi è il momento di formare i
giovani su questo doppio binario, fede e professionalità, e la migliore
formazione è l’esempio. Basta con
gli adulti smarriti: dobbiamo dare esempio e fiducia. Si veda che frequentiamo
i sacramenti e che affrontiamo con serenità e determinazione le difficoltà del
nostro tempo.
mercoledì 22 maggio 2013
La persona al primo posto
Non
passa giorno che non mi arrivi una richiesta d’aiuto per trovare un posto di
lavoro. Provo una sensazione di soffocamento nel veder persone soffrire senza
che appaia all’orizzonte la luce che annuncia la fine del tunnel. Si sta
calmando l’ondata illusoria di protesta contro gli untori che affamano il
Paese, ormai è chiaro che la situazione è talmente seria che occorre tacere e
lavorare. Solo Papa Francesco ha parole di speranza e non teme di dare
indicazioni per uscire dalla crisi. “Il denaro deve servire non governare” dice
il Papa, e questo è il punto. Appare chiaro che la vera esigenza è che i
cattolici escano dallo stato d’intimidazione in cui sono stati messi dalla
cultura dominante. Solo i cristiani hanno il bandolo della matassa: partono
dalla persona e tutto il resto è una conseguenza. Occorrono pensatori,
finanzieri, operatori che abbiano un cuore e una testa cristiani. In Italia
abbiamo il conforto di un’esperienza positiva che nel dopoguerra ha portato il
nostro Paese alla prosperità. Sono stati i cattolici che, assieme a tutti gli
italiani, hanno lavorato bene. Ora è il momento di ricominciare. Occorrono
professionisti che siano uomini di fede, persone con un rapporto vivo con Dio,
che leggono il Vangelo, e che siano preparati, abbiano studiato i meccanismi
della finanza e della comunicazione che oggi reggono il mondo. Fede e scienza
aiuteranno i laici cristiani ad edificare una società più giusta e l’incontro
del Papa con i movimenti indica la via della speranza.
lunedì 20 maggio 2013
La salvezza viene dal Sud?
Per
presentare l’ultimo libro sto facendo un giro per l’Italia del Sud che ricorda
gli annunci ferroviari degli espressi di una volta: Catanzaro, Reggio, Messina,
Catania, Siracusa. Poi andrò a Terrasini, Agrigento, Trapani, Palermo,
Caltanissetta. E’ una vera immersione fra la gente del Sud, soprattutto
siciliani, per i quali ho un’ammirazione pregiudiziale. Qui una persona è
considerata un fine e non un mezzo: è un’espressione approssimativa ma rende
l’idea. Inoltre mi è capitato d’incontrare coppie di sposi giovani e sorridenti
assieme a persone sposate da cinquant’anni e più. Sembra che qui il matrimonio
sia più solido che altrove ed è uno dei motivi dell’allegria che si respira:
occhi limpidi, sorrisi aperti, cordialità illimitata. Mi viene da chiedere perché
nelle zone che si credono più civilizzate, perché il reddito pro capite è più
elevato, si stia buttando la felicità della finestra, come se ci fosse
un’intossicazione che fa sragionare. Ricordo gli anni ’70 passati a Milano
sottolineati dai passi e gli slogan dei cortei urlanti, quando leggere il
Giornale di Montanelli era un gesto pericoloso. Poi la follia collettiva passò.
Ora deve passare quest’altra follia per la quale solo il disamore e la morte
hanno cittadinanza. Solo il cristianesimo ci salva e Papa Francesco con il suo
linguaggio evangelico segna il cammino. Anche qui nel Sud la gente è entusiasta
di lui e entra in risonanza quando sente parlare di Vangelo, Confessione e
Comunione. La salvezza verrà dal Sud?
Il vero pericolo non sono le aberrazioni ma i cristiani tiepidi
Sul
supplemento Sette del Corriere del 3 maggio, sotto l’immagine di un bambino che
si protende verso due papà, campeggia la scritta: Via libera dai pediatri
Usa. Crescere con madri lesbiche o padri gay non danneggia la salute
psicologica dei bambini. Nel 1967 i
produttori cinematografici americani abbandonarono il codice Hays di
autoregolamentazione per la moralità dei film, vigente fino ad allora negli
Usa. Da allora il sesso è stato un elemento quasi costante nei film americani e
non. Cominciò la lunga marcia per destrutturare la società occidentale:
divorzio, aborto, eutanasia, libero amore, esaltazione dell’omosessualità e,
prossima meta, la legalizzazione della pedofilia. E’ evidente il profilo
demoniaco che mette in scena questa tragedia di morte progressiva. “Se Dio non
esiste tutto è permesso!” scrisse Dostoevskij. De Maistre osservava che, contro
la rivoluzione, non occorre la rivoluzione contraria ma il contrario della
rivoluzione. Il contrario della rivoluzione è la vita ordinaria e ordinata in cui
la creatura è in armonia col Creatore. In sede legislativa occorre resistere
energicamente a queste follie mascherate da scienza e scelte d’amore, ma la
soluzione sta nell’essere veri cristiani e non dei meri benpensanti. Leggere il
Vangelo, confessarsi e ricevere Gesù nella Comunione. Dedicare tempo alla
preghiera. Queste sono le uniche armi efficaci. Il vero pericolo non sono i
rivoluzionari ma i cristiani insipidi. Gesù aiutami ad essere sale e la
Provvidenza provvederà.
venerdì 3 maggio 2013
La ricomprensione del cristianesimo
Il
900 è stato il secolo della grande disillusione. L’illusione era quella della
fine dell’800 quando si pensava che, sull’onda del progresso, si sarebbe
arrivati ad un’epoca di pace, di luce e prosperità. Invece è cominciato un
secolo di tragedie spaventose: le due guerre mondiali, l’Olocausto, l’atomica,i
gulag... A metà del 900 c’è stato un rigurgito di saggezza dopo tante atrocità.
In Italia una ripresa economica (grazie soprattutto ai politici cattolici) ha
creato una fiorente classe media ma il liberismo di Reagan e della Thatcher ha
rilanciato la corsa selvaggia del capitalismo senza regole a vantaggio dei
pochi ricchi e a svantaggio dei poveri sempre più poveri e numerosi. Eppure
s’intravede la via d’uscita che non è quella delle ruggenti economie orientali
o di alcuni popoli emergenti. La via d’uscita sta nella ricomprensione del
cristianesimo. Mentre i media mondiali attaccano la Chiesa Cattolica
appigliandosi ad ogni pretesto, i Papi dal ’78 in poi hanno rotto l’assedio
della cultura illuminista-capitalista presentando con un nuovo fascino il
messaggio evangelico. Papa Francesco parla il linguaggio di Gesù: le pecore, la
vecchietta, il perdono, l’autenticità che smaschera i farisei… e si mette a
capo di una rivoluzione silenziosa che ha come meta non più Mammona ma il Dio
Padre, Figlio e Spirito Santo. Devo accorgermi dell’importanza di ciò che sta
accadendo e devo lasciar spazio alla preghiera non solo per me ma per una nuova
primavera della civiltà che sarà cristiana.
giovedì 25 aprile 2013
La santa sfacciataggine anche con i manager
In
un’università pontificia ho tenuto una relazione per un incontro di manager
dedicato all’educazione nell’impresa, nella famiglia e nella società. Il clima
era simpaticamente costruttivo e mi ha colpito l’introduzione del sacerdote, che
ha aperto l’incontro con un discorso esclusivamente culturale. Detto tra
parentesi il sacerdote in questione è una delle persone più simpatiche e
preparate che conosca. Ciò non ostante, data la circostanza, ha ritenuto
opportuno restare su linee generali. Da parte mia non ho resistito al desiderio
di approfittare dell’opportunità per andare giù duro e per affermare che se la
creatura non è in pace col Creatore non può trasmettere agli altri serenità,
forza e consapevolezza del significato del proprio lavoro: la cosa migliore per
essere buoni educatori è cominciare col confessarsi. Forse non m’inviteranno
più a tenere relazioni del genere ma non sono pentito perché i manager si sono
mostrati contenti e soprattutto perché questa mi sembra la linea che Papa
Francesco suggerisce: parlare chiaramente. Gli interventi del Papa sono di una
semplicità sconcertante ma hanno una consistenza teologica e antropologica
solidissima. Il suo insistere sul cuore non è sentimentalismo. Il cuore è il
centro della personalità dove avviene la scelta definitiva fra bene e male. La
ragione è un’ancella del cuore che lo aiuta ad andare sulla retta via. I santi
sono sempre stati persone di gran cuore e mai ideologi senz’anima. Userò sempre
la “santa sfacciataggine”!
domenica 21 aprile 2013
sabato 13 aprile 2013
martedì 2 aprile 2013
Caro Francesco da chi andremo? Tu solo hai parole...
“Certe
volte sei un po’ arrabbiato con qualcuno? Lascia perdere… E se ti chiede un
favore, faglielo.” Così Papa Francesco suggeriva ai giovani detenuti il Giovedì
Santo scorso, dopo aver lavato e asciugato i loro piedi. E’ coinvolgente la
pedagogia di questo Papa. “Sei arrabbiato? Lascia perdere..” Consigli pratici
che portano con sé la sapienza dell’amore. Perfino quando legge testi liturgici
trasmette il loro significato più personale. Suggestiva durante la Santa Messa
della domenica di Pasqua la preghiera: “O Padre che …rendi possibile ciò che il
nostro cuore non osa sperare”. Il Papa ci rappresenta un Dio che ci sorprende e
va oltre la nostra migliore immaginazione. Durante il Regina Coeli di Pasqua ha
ricordato che “Gesù non è tornato alla vita … terrena, ma è entrato nella vita
gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto un futuro di
speranza.” La risurrezione di Cristo apre la strada alla nostra risurrezione
personale. Il corpo di Gesù è in grado di farsi vedere, toccare: può mangiare
assieme a noi. Ma ha qualità straordinarie: può apparire e scomparire ed
entrare dove la porta è sbarrata. Ratzinger ha dedicato pagine meravigliose a
questa consolante verità. Dobbiamo ringraziare Dio per il dono dei Pontefici
che abbiamo avuto. Quanto più l’orizzonte sociale e politico si fa cupo tanto
più convincente appare il loro messaggio cristiano, così che possiamo ripetere
con Pietro: “Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv 6,
68).
venerdì 29 marzo 2013
Gesù esagera per insegnarci qualcosa
Il
giorno di Pasqua Gesù risorge. Solo un Dio può risorgere dopo tre giorni. Il
fondamento della felicità cristiana sta in quella risurrezione. Il giovedì
santo si avverte palpitante l’umanità di Gesù: il suo cuore. Il giovedì santo è
il giorno che più mi commuove. La Domenica di Pasqua è la fede che mi mostra il
prodigio di Dio. Il giovedì precedente sento il cuore di Gesù ardere con
un’intensità irraggiungibile che emana il calore sufficiente per riscaldare il
mio povero cuore. Gesù comincia esagerando, inventandosi un gesto che ora è
abituale ma allora doveva risultare sconvolgente. Lava i piedi ai suoi amici e
lo fa bene, con l’asciugamano cinto in modo da asciugare dopo il lavacro. Ma
perché fai questo Signore? Pietro, che ha il cuore grande, avverte l’eccezionalità
del gesto e si ribella. Si ribella anche perché avverte che in quel gesto
incombe la tragedia. Poi il pane e il vino. Vorrei non abituarmi mai e vedere
in ogni Messa l’ultima cena. “Ho desiderato ardentemente” dice Gesù nella traduzione italiana del Vangelo. Il
fuoco arde nel cuore di Gesù ed è il fuoco della redenzione, del rinnovato
amore fra l’uomo e Dio. L’amore di Dio c’è sempre ma ora noi possiamo attingere
al cuore di Gesù per infiammare il nostro. Che gran giorno il giovedì Santo! Quest’anno
lo passeremo accanto all’ultimo dono che Dio ci ha fatto: un Papa che sa parlar
d’amore, che lo trasmette. Un Papa che opera e parla con la dolce pedagogia del
pastore che vuol nutrire al meglio le sue pecore.
venerdì 22 marzo 2013
Il Papa prega e c'insegna a pregare
Grande
Papa che si fa benedire dalla folla, che affida il suo predecessore alla
Madonna “perché lo custodisca”, che si chiama Francesco perché predilige i
poveri, la pace e la natura! Questo Papa piacerà ai veri governanti del nostro
pianeta: quei paperoni di origine puritana che pensano che il mondo debba
essere governato da loro mentre i cattolici devono occuparsi dei poveri, degli
emarginati e dei moribondi. Ma non hanno capito bene: a loro sfugge che la vera
forza di Papa Francesco, come di Madre Teresa di Calcutta, sta nella preghiera.
Senza la Croce e senza la preghiera, ha ribadito Papa Francesco, la Chiesa
sarebbe una organizzazione benefica non governativa. Quando Giovanni Battista
mandò a chiedere a Gesù se fosse lui il messia, Gesù risponde: “ai poveri è
annunziata la buona novella. E beato colui che non trova in me motivo di
scandalo” (Lc 7,22). Non solo la cura del corpo ma anche la cura dell’anima che
conduce la creatura a unirsi al Creatore, grazie alla salvezza portata da
Cristo. Questo Papa umile che chiede la preghiera “di voi su di me” farà
tremare le casseforti dei potenti e ci sveglierà dal torpore dell’anonimato. Mi
invita ad avere faccia tosta, ad affermare l’efficacia della preghiera. C’è
nell’aria la forza dei primi cristiani che hanno convertito l’impero romano.
Per quelli che mettono il cuore nei tesori della terra dove la tignola consuma
è il momento del ravvedimento. Dio è misericordioso – ricorda il Papa - sono io
che devo chiedere perdono.
martedì 12 marzo 2013
Con il nuovo Papa una nuova Italia
Avere
un nuovo Papa è l’occasione per un esame di coscienza, come cristiani e come
italiani. Come cristiani dobbiamo far fruttificare l’eredità spirituale
dell’unico lungo pontificato Wojtyla-Ratzinger, 35 anni dal 1978 al 2013, che
ha visto la Chiesa diffondere in tutto il mondo un messaggio di speranza, di
fede e di amore. Per noi italiani questo stesso messaggio ha un significato
particolare. Basta con la caccia all’untore, basta col dire che i colpevoli
sono gli altri! Cosa faccio io è quello che conta. Dio è contento di me? I miei
cari lo sono? I miei amici e colleghi di lavoro possono esserlo? Forse qualcuno
si è lasciato prendere dallo spirito giustizialista. Ci hanno fatto credere che
la “casta” gode di privilegi alle nostre spalle, che c’è chi approfitta e ruba.
E con questo? Se aspettiamo che finiscano gli scandali per cominciare a
lavorare stiamo freschi e andremo tutti a picco, ladri e indignati. Dobbiamo
reagire e non unirci alla folla di coloro che pensano che basta protestare.
Devo avere speranza, accettare le contrarietà che Dio permette ed unirmi a Gesù
che non aveva dove posare il capo. Devo diventare seminatore di pace,
laboriosità, serenità. Non lamentarmi. Una persona contenta è una grazia di Dio
e io devo esserlo. I cristiani sono portatori di una buona notizia. Da Maratona
Filippide corse per 40 chilometri per annunciare agli ateniesi la vittoria sui
persiani. E io devo annunciare la grande vittoria di Gesù sulla morte. Viva il
Papa! Viva l’Italia!
martedì 5 marzo 2013
Ratzinger insegna ad appoggiarsi su Gesù
E’
tempo di far fruttificare in noi il seme dell’insegnamento di Papa Ratzinger.
La sua umiltà e la sua fede riguardano anche noi. Viviamo immersi nella cultura
dell’uomo che si fa da sé. Fin da bambini ci è stato insegnato che essere
cristiani significava comportarsi bene. “Ma come – ci hanno detto – hai fatto
la Comunione e ti comporti così!”. Ratzinger ci ha fatto capire che il
cristiano non è un superuomo ma è un pover’uomo che “si appoggia” in Dio.
L’atteggiamento di chi dipende da Dio, di chi trova in Gesù le sue forze:
questo è l’atteggiamento cristiano. “Senza di me non potete fare nulla”. Questo
è il punto da cui partire per risolvere le nostre crisi: la crisi culturale,
economica, politica, sociale, familiare, personale. “Imparate da me che sono
mite e umile di cuore” ha detto Gesù e Ratzinger lo ha ripetuto con l’esempio.
L’umiltà è la porta delle virtù e della felicità. Essere cristiani non è una
casacca, una stirpe, un partito, un gruppo, una corrente culturale: è vivere di
fede. “Il giusto vive di fede” ha detto San Paolo e Ratzinger lo sta facendo:
le sue dimissioni non sono sue, sono una “chiamata”. Devo essere consapevole
che se non mi appoggio in Dio sono un animale poco razionale, pigro, sensuale,
inaffidabile: è Gesù che ogni giorno mi sostiene e mi traccia la strada. Perciò
ho bisogno della preghiera, di confessarmi, di comunicarmi, di leggere il
vangelo, di studiare il messaggio cristiano. Allora sarò un eroe cristiano, un
santo, come lo è stato Ratzinger.
martedì 26 febbraio 2013
Dolcissimo Joseph prega per noi
Nel
fiume di parole che sono scorse impetuose da quando il Papa ha annunciato le
sue dimissioni non ho trovato un accenno all’interiorità del Santo Padre. Si è
parlato, nel migliore dei casi, di umiltà e di coraggio ma senza inoltrarsi
nell’atmosfera dei suoi sentimenti. Quando a Milano, nell’incontro delle
famiglie, la bambina vietnamita gli ha chiesto com’era lui da piccolo,
Benedetto ha aperto uno spiraglio nell’abituale velo di riserbo circa la sua
persona. Per una volta non ha esposto con la solita nitidezza il panorama così
chiaro del suo pensiero teologico ma ci ha fatto entrare nel suo cuore. Abbiamo
visto una famiglia cristiana che, fin dal sabato si preparava alle letture
della Messa del giorno seguente. La sensibilità musicale era elevata (Mozart,
Schubert, Haydn) e il piccolo Joseph vedeva aprirsi il cielo ascoltando il
Kyrie così ben cantato. Anche in famiglia si cantava e i piccoli segni di
affetto procuravano gioia (anzi “cioia” come lui dice amabilmente). La bontà di
Dio si rifletteva nell’amore reciproco. Le camminate nei boschi, le piccole
avventure… tutto costituiva un anticipo di Paradiso, infatti “penso di
andare a casa andando verso l'altra parte del mondo”. Dolcissimo Joseph. Sembra che il nostro mondo brutale non ti abbia
capito, ma non è vero. L’affetto con cui i pellegrini ti hanno salutato negli
ultimi giorni di pontificato sta a significare che la gente ti ha compreso. Ora
prega per noi come tu sai fare e continuerai ad essere una guida per noi.
mercoledì 20 febbraio 2013
Su Benedetto la grande stampa ci è o ci fa?
A
Roma si dice: ma ce fai o ce sei? La grande stampa italiana merita questa
domanda: fa finta di essere ignorante o lo è davvero? La tesi dominante è che
il Papa lascia perché sono troppo forti le tensioni che assillano la Chiesa e
il Papa cede davanti a quest’enorme pressione. Ma un po’ di storia l’avete
studiata? Gli attacchi di ora sono il tocco di una piuma rispetto alle
aggressioni e alle divisioni interne dei secoli passati. Il Papa lascia perché
sta invecchiando e pensa al bene della Chiesa che ha bisogno di essere guidata
con mano ferma. Punto e basta. Ma non lascia cadendo vittima degli avversari,
lascia da vincitore. Gesù è morto sulla croce da vittorioso. Nessuno come Gesù
ha inciso nella Storia. La storia si ripete: il lungo, unico, pontificato di
Wojtyla-Ratzinger è stato la riscossa della Chiesa che nel ’78 sembrava
assediata da forze contrarie (Paolo VI è quasi morto assieme al suo amico Moro)
dissanguata da un’emorragia interna. Ancora risuona il grido di riscossa “Non
abbiate paura” che non è rivolto ai cattolici ma agli altri, agli assedianti, e
quel colpo d’ariete: “Spalancate le porte a Cristo!”. La grande stampa non si
accorge che viaggia sull’onda di una cultura di morte e di desolazione che è
perdente anche se sembra irresistibile. Le vittorie dei fautori della morte
(aborto, divorzio, eutanasia) sono vittorie in un deserto pieno di carcasse
umane. Invece è vincente l’appello di Ratzinger che invita finalmente la
creatura ad abbandonarsi nel Creatore.
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